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Parco Eolico

Gubbio

Parco Eolico

Gubbio

Dove si trova

Libertà è partecipazione, la libertà non è star sopra un albero, cantava Giorgio Gaber in una delle sue canzoni più celebri, manifesto di un’intera generazione. Percorrendo i ripidi tornanti che da Mocaiana, minuscola frazione di Gubbio, conducono verso il Monte Cerrone, dove ha sede l’impianto eolico della cooperativa è nostra, si potrebbe tranquillamente sostenere che, decenni dopo, libertà è anche “autoproduzione”.

Eh si perché in questa zona remota, non visibile dalla piana di Gubbio, dove è più facile incontrare caprioli e cinghiali che essere umani, nel 2021 è stata installato il primo impianto eolico di proprietà in Italia. Una torre che ha per soci i cittadini e che racconta più di tante altre storie della voglia diffusa di transizione energetica presente nel nostro paese.

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La zona intorno, tra l’altro, è incantevole. Natura incontaminata, grandi silenzi e vista meravigliosa sulla serra di Burano, la dorsale appenninica che segna il confine con la regione Marche. Da un lato Gubbio, dall’altro la città di Fano. Tutta l’area del buranese era una zona molto vissuta fino ai tempi della guerra, poi si è lentamente spopolata. Oggi rimangono piccoli borghi sparsi su una superficie enorme, tutti agglomerati che iniziano con il suffisso cai (cai Leto, cai Mariotti) di origine Veneziana.

La leggenda vuole che intorno al 1300 alcuni nobili della serenissima fuggirono via dall’incubo della peste e si rifugiarono in queste terre donate dal duca d’Urbino. Terre che oggi sono diventate gastronomicamente ricercate grazie a sua maestà il tartufo. Quello nero, pregiato, ma anche quello bianco, raffinatissimo (può arrivare fino a 4mila euro al chilo) e assai difficile da scovare. Lo si può riconoscere dalla forma tondeggiante, a volte irregolare, e dal colore giallo biancastro. Gran parte dei tartufi della famosa fiera di Acqualagna, la manifestazione più importante dell’Italia centrale dedicata al tuber magnatum pico, provengono in realtà da queste zone.

La cucina tipica

Per una dimostrazione pratica sul campo il suggerimento è quello di fermarsi almeno una volta da Baffone, antica osteria immersa in una posizione privilegiata, nel verde del parco della Serra di Burano. Oltre a provare la cucina tipica casereccia legata alle tradizioni – e dunque tartufo in tutte le salse – fatevi però raccontare dal figlio, attuale proprietario, la storia di suo padre, Ubaldo Casagrande, personaggio mitologico chiamato Baffone per via di quei suoi lunghi e folti baffi, che aprì la locanda nel lontano 1985. Raffinato coltivatore, ancora oggi famoso per i suoi innesti, era anche un grande conoscitore dell’arte della superstizione e delle erbe medicali di tradizione popolare, che aveva iniziato a dispensare per dare sollievo ad amici e conoscenti con qualche piccolo acciacco di salute. Con il passare del tempo le sue abilità chiromantiche lo avevano reso via via sempre più popolare in tutta la valle, fino a trasformarlo in una sorta di guru locale, a cui le persone si rivolgevano in numero sempre maggiore non solo per cercare di allietare le sofferenze ma persino per scrollarsi via di dosso fantomatici malocchi. Gira voce che accettasse solo offerte, mai vile denaro. Qualcuno, da queste parti, è ancora convinto che Baffone non se ne sia mai andato.

Un’ottima opportunità per chi invece è alla ricerca di qualcosa di meno sedentario arriva dal Cammino di Francesco, un pellegrinaggio a piedi (ma si può percorrere agevolmente anche in bicicletta) di circa duecento chilometri sulle orme del santo francescano che parte dal Santuario de La Verna, in Toscana, uno dei luoghi più amati da San Francesco, attraversa il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi e le colline dell’Alta Valle del fiume Tevere in Umbria.

Tappa finale, naturalmente, la Basilica di San Francesco, luogo riconosciuto Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, dove sono conservate dal 1228 le spoglie del santo. Ma al di là del forte legame che unisce Gubbio a San Francesco la tappa che attraversa queste zone (Pietralunga-Gubbio, 26 chilometri) rappresenta un’ottima occasione per fermarsi a visitare un piccolo gioiello di civiltà medioevale nonché una delle più antiche città dell’Umbria, splendidamente conservata.

Cosa visitare a Gubbio

Volendo individuare un simbolico punto di partenza per un panoramico giro di Gubbio si può partire dal superbo balcone della città, quella piazza Grande che va annoverata come una delle più suggestive realizzazioni urbanistiche medievali. Dalla piazza il consiglio è quello di iniziare lentamente a risalire il borgo vecchio, situato ai piedi del Monte Igino, fino a quando incontrerete da un lato l’eleganza gotica del Duomo e dall’altro Palazzo Ducale, costruito per ordine del Duca Federico di Montefeltro.

Il famoso “studiolo”, cuore del palazzo, attualmente si trova al Metropolitan Museum di New York, mentre a Gubbio è presente una copia di quello spazio un tempo riservato allo studio e alla meditazione. Proseguendo la salita lungo ripidi tornanti in breve si giunge alla basilica di Sant’Ubaldo, dove è custodito il corpo del santo patrono di Gubbio.

La festa popolare eugubina

E’ qui, ai piedi della gradinata della basilica, che ogni 15 maggio, cascasse il mondo, si conclude la famosa e pazza corsa dei Ceri, antichissima festa popolare eugubina che tiene assieme sacro e pagano e che per importanza può essere tranquillamente paragonata al Palio di Siena. Se però non siete dei ceraioli provetti o semplicemente considerate una sorta di impresa l’idea di scarpinare per arrivare in cima un’ottima soluzione è quella di utilizzare la panoramica Funivia del Colle Eletto, funzionante dal 1960, che in poco più di sei minuti porta i visitatori dai 532 metri del centro storico di Gubbio (la partenza è in Via S. Girolamo) agli 803 metri della stazione d’arrivo. Unica condizione: non dover soffrire di vertigini per godersi la stupefacente vista su tutta la Valle del Torrente Saonda e del Tevere.
Dalla basilica di Sant’Ubaldo si può percorrere in salita l’ultimo strappo per arrivare alla vetta del Monte Igino oppure svoltare a sinistra e dirigersi verso la Gola del Bottaccione, una profonda incisione del terreno con pareti verticali tra il monte Ingino e il monte Foce, seguendo un facile sentiero che ripercorre l’antico percorso dell’acquedotto medioevale, costruito intorno al 1300 dal Comune di Gubbio per convogliare le acque alla riserva posta sopra il Palazzo Ducale e rimasto funzionante fino al XX secolo. Una panoramica passeggiata di due semplici chilometri (solo andata) che vi porterà indietro nel tempo, tra storia, geologia ed archeologia. Da non perdere.