Project Description
Parco Eolico
Santa Luce

Parco Eolico
Santa Luce

Dove si trova
“Attenzione. In questo paese i bambini giocano ancora per strada”, recita un cartello all’entrata del paese di Santa Luce, piccolo borgo medievale – sono ancora visibili i resti della rocca e tratti di cinta muraria – situato sulle ultime propaggini delle colline pisane. Siamo in una terra tipicamente toscana, dove l’agricoltura si è trasformata in paesaggio urbano. O, come scriverebbe qualche rivista di architettura, urbanistica rurale. Oliveti secolari, filari di vigneti, colture di cereali.
Non troverete terreni incolti da queste parti, perché qui tutto è coltivato. Da agricoltori che nel tempo sono diventati, per necessità, anche produttori. Come racconta il sindaco, Giamila Carli, “siamo un popolo di coltivatori ingegnosi. Qui vive il classico contadino toscano che dalla fatica crea il miracolo della produzione eccellente”. Con un’attenzione sempre crescente verso il biologico e più in generale verso un’agricoltura sostenibile. I prodotti del territorio sono quelli tradizionali, pasta, vino, olio, ma non solo.
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Tradizioni Agricole
Percorrendo la strada serrata che si addentra nell’ampia area boschiva dove ha sede il parco eolico più grande della Toscana, circondato da strade e sentieri che un tempo venivano utilizzati per la raccolta di legna e oggi sono terreno di caccia per scorribande in mountain bike (a patto di avere un po’ di gamba visto i percorsi parecchio ondulati, che in Spagna chiamerebbero rompepiernas), si potranno facilmente incrociare suini di razza antica, le cui tracce storiche si ritrovano perfino in un celebre affresco senese di Ambrogio Lorenzetti, “Gli effetti del Buon Governo in campagna”.
Sono gli allevamenti di cinta senese di Massimo Cantini, che dopo aver comprato negli anni Ottanta un podere abbandonato nel bosco negli anni ha tirato su, con l’aiuto della famiglia, l’azienda agricola Villa Magra. “Abbiamo iniziato come coltivatori di olivi e poi siamo diventati allevatori. Ora facciamo anche la trasformazione e commercializzazione di carne di cinta senese – spiega – una razza che ha rischiato l’estinzione e che deve essere allevata allo stato brado, o semibrado, e alimentata al pascolo”. L’ultima novità familiare, gestita dal figlio Jacopo, è un agricampeggio in via di realizzazione del tutto particolare: si dormirà infatti in una yurta originale, le tradizionali tende mongole rotonde e costruite in legno, fatte arrivare appositamente da Ulan Bator. Solo che invece di mangiare i Buuz dei nomadi mongoli, spessi ravioli farciti di carne di montone, vi dovrete accontentare di superbi salumi di cinta senese.
La valle dei profumi
L’ingegnosità toscana però non si ferma all’agricoltura, anche se la terra rimane un punto di riferimento. Da alcuni anni infatti queste colline si sono magicamente trasformate in un profumato angolo di Provenza, con campi di grano riconvertiti per coltivare la lavanda. Grazie all’intuizione di Rosario Rizzi, un napoletano trapiantato in Toscana, presidente di Flora, azienda che realizza oli essenziali e prodotti erboristici di alta qualità, tutti certificati bio. “La lavanda e’ una panacea mediterranea che si abbina bene con il grano – racconta – stiamo partiti cinque anni fa con una sperimentazione e oggi abbiamo una ventina di ettari e 6-7 aziende che coltivano lavanda”.
La “valle dei profumi”, come è già stata ribattezzata, sta diventando di gran moda al punto che due anni fa, prima che il Covid trasformasse radicalmente le nostre vite, è stato organizzato un Festival della Lavanda nel periodo della fioritura, a metà giugno, con convegni, spettacoli, teatrali e il coinvolgimento di tutto il paese. Partendo da questa esperienza, negli ultimi tempi è cresciuta tra gli imprenditori locali la consapevolezza e la volontà di fare sinergia e condividere gli sforzi. “Abbiamo realizzato una rete di imprese diverse in 6-7 comuni, con l’obiettivo di lavorare sul turismo esperienziale – spiega Rizzo – i ristoratori ad esempio dovranno garantire un pasto biologico al giorno e un kit di cortesia dei bagni con prodotti certificati. L’idea è quella di promuovere le eccellenze sul territorio ma anche di stimolare un cambiamento dal basso da parte del visitatore”.
La Riserva Regionale
In questa dimensione di turismo lento merita senz’altro una visita la Riserva regionale di Santa Luce, che include al suo interno un lago realizzato dalla azienda Solvay negli anni ’60 come bacino di raccolta idrica. Il lago, privato, non è balneabile, ma la riserva è gestita dalla Lipu dal 1992 e nel 2009 è diventata un Sito di Importanza Comunitaria (SIC). Paradiso del birdwatching, si contano circa 200 specie diverse di volatili, l’area è un corridoio ecologico nelle rotte migratorie per i grandi veleggiatori che arrivano a primavera e ripartono a fine estate. Nei weekend si può visitare la riserva con un percorso natura di 2 chilometri che costeggia in parte il lago, o partecipare a una delle tante iniziative messe in piedi dalla Lipu che, oltre a svolgere un compito conservazionistico e di tutela, organizza eventi, corsi a tema e laboratori per ragazzi, molto seguiti.
Un centro di Buddhismo tibetano
Sono pochi invece i forestieri capaci di immaginarsi che tra queste ondulate colline abbia trovato rifugio, oramai da più di quarant’anni, l’istituto Lama Tzong Khapa, un centro di Buddhismo tibetano di tradizione mahayana. Lo aprirono tre ragazzi milanesi folgorati nei fatidici Settanta sulla rotta hippy verso il Nepal e che al loro ritorno in patria decisero di lanciarsi in una nuova avventura. Considerando il clima dell’epoca, sarebbe dovuto essere qualcosa di molto simile a una comune, o un mandala, ma nel tempo si è trasformato uno dei luoghi buddisti più importanti d’Europa (il gossip, immancabile anche in ambito spirituale, racconta che qui siano passati, tra gli altri, anche Richard Gere e Roberto Baggio).
Ubicato nel paese di Pomaia, frazione di Santa Luce, Il Centro studi è costituito da un sangha (comunità dei praticanti) monastico e da un gruppo eterogeneo di studenti e corsisti provenienti da tutto il mondo che seguono lezioni di filosofia, corsi di meditazione e master in neuroscienze, in collaborazione con l’Università di Pisa. A breve inoltre, dopo un travaglio burocratico durato più di un decennio, vedrà la luce, nella zona di una ex cava visitata nel 2014 anche dal Dalai Lama, il centro buddista più grande d’Europa, con tanto di monastero, tempio e biblioteca.
Uno sguardo verso il mare
Da queste colline toscane si va naturalmente al mare a Castiglioncello, a non più di 15 minuti di macchina. Piccola punta affacciata su un bel mare di scogli fu resa celebre nell’immaginario collettivo cinematografico da alcune scene del film Il Sorpasso, di Dino Risi, una pellicola nata senza particolari pretese ma che finì per trasformarsi nel racconto generazionale di un’intera stagione, quella dei Sessanta, delineandone i tratti con chirurgica chiarezza: l’illusione, il cinismo e la rovinosa caduta. Semplificando, il senso della vita.
Da allora Castiglioncello non è poi cambiata molto, soprattutto la parte vecchia, dove le ultime ville furono costruite prima della Guerra – la più bizzarra resta villa Celestina, di architettura modernista – anche se la spiaggia del Sorpasso, quella dove di notte si poteva godere “dell’aria aperta e di un soffitto di stelle”, non esiste più, spazzata via da un gioco di correnti. Se però avete qualche curiosità da soddisfare sul film potete sempre recarvi ai bagni Lido, dove la storica titolare, Edda Lami, novantenne con energia e parlantina da ventenne, memoria storica del borgo, saprà certamente soddisfare le vostre curiosità. In almeno cinque lingue. Il russo lo sta ancora imparando.