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Parco Eolico

Vento di Zeri

Parco Eolico

Vento di Zeri

Dove si trova

Borghi immersi tra le vallate, silenzi di montagna, accompagnati da paesaggi mozzafiato, ritmi di vita antichi e bizzarre storie da raccontare. Salendo lungo la strada che collega Pontremoli a Zeri, nell’alta Lunigiana, dove i boschi di castagni man mano che si prende quota lasciano spazio alla faggeta, si ha la sensazione di entrare in un territorio misterioso, dove anche le identità regionali, così forti altrove, si fanno via via sempre più sfumate.

Il paese di Zeri d’altronde, raccontano i più anziani, di fatto non esiste. E’ un nome collettivo, che non sfigurerebbe come titolo di un libro del collettivo di scrittori Wu Ming. Nella realtà tiene assieme una serie di piccole frazioni, ognuna con la propria storia, che unite formano una sorta di comune diffuso che da sempre mantiene un suo carattere autoctono, per via di un’impervia posizione geografica, incastonata all’interno di 3 vallate (Giordana, Rossano, Adelano) e racchiusa tra la Liguria e l’Emilia. “Zeri mangia del proprio pane e veste del proprio pelo” si soleva dire un tempo, per sottolineare la sua vocazione economica autarchica. Cereali, farina di castagne e allevamento di bestiame. Tranne un po’ di turismo di ritorno non è poi cambiato molto da allora, in una zona dove tutti – scriveva il toscanaccio Curzio Malaparte – sanno mescolare le zolle alle nuvole.

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Sentieri e itinerari escursionistici

Le caratteristiche tipicamente appenniniche di Zeri ne fanno un luogo particolarmente adatto ai camminatori. Con un’infinità di splendidi sentieri, molto adatti anche alla mountain bike, utilizzati già in epoca medioevale. Seguendo la strada che arriva a passo del Rastrello, che segna il confine con la Liguria e unisce lo zerasco con l’Alta Val di Vara, ci si può immettere in una delle tappe dell’Alta Via dei Monti Liguri (AVMl), l’itinerario escursionistico di lunga percorrenza (circa 430 km) che collega le estremità della riviera ligure da Ventimiglia alla Provincia di La Spezia. In questa parte del cammino l’Alta Via ricalca abbastanza fedelmente l’antica “Via Regia”, un tempo principale via di percorrenza per commerci e traffici tra Emilia, Toscana e Liguria.

Per avere invece idea di come fosse dura la vita in queste zone si possono ripercorrere le antiche mulattiere della transumanza. La più conosciuta parte dal borgo di Noce, raggiunge il crinale del Monte Rosso e arriva al villaggio di Formentara, un antico alpeggio di cascine con il tetto di “piagne”, le larghe pietre piatte tipiche della Lunigiana. Risalente ai primi del Cinquecento, oggi è disabitato ma fino agli anni Cinquanta ospitava i pastori transumanti, che salivano con la bella stagione portando con loro le bestie e rimanevano in quota fino alla fine di novembre, quando era tempo di ridiscendere a valle. Dai pressi del villaggio si può raggiungere con una pista sterrata il Monte Colombo, dove ha sede il parco eolico, oppure riprendere la strada principale e arrivare al passo dei Due Santi, dove si trova il comprensorio sciistico di Zum Zeri, un tempo luogo di confine tra il Granducato di Toscana e il Ducato di Parma. Da lì la vista sul Golfo di La Spezia e le Cinque Terre è davvero spettacolare.

Eccellenze agricole

In questo territorio l’eccellenza agricola riconosciuta è naturalmente l’agnello di Zeri, presidio certificato Slow Food. Si tratta di una razza ovina autoctona, la zerasca, sempre vissuta allo stato brado, rustica, ben riconoscibile per via delle sue corna prominenti. “E’ un ceppo molto particolare della pecora appenninica, a rischio estinzione”, racconta Cinzia Angiolini, referente Slow Food, che assieme ad altri allevatori ha creato nei primi anni duemila il Consorzio per la valorizzazione della pecora e dell’agnello di Zeri. Gli sarebbe piaciuto dipingere, invece è finita a fare la pastora.

La potrete facilmente incontrare sul ciglio della strada che da La Dolce va verso verso Rossano, intenta a conversare con i suoi animali. Ne possiede 380. Alcune, quelle più vecchie, eredità dell’azienda paterna, le chiama ancora per nome: l’adelina, la natalina, la filippa. La carne dell’agnello di Zeri è considerata particolarmente prelibata. Magra, dolce, profumata ma senza nessun sentore di selvatico. Per rispetto della tradizione qui si cucina ancora l’agnello cotto nei testi: una sorta di forno portatile in ghisa (un tempo era di terracotta) con la forma di una pentola bassa e larga che viene riscaldato sul fuoco di fascine di legna e con il calore della brace ardente. Cotture lente e prolungate, che ben si addicono ai ritmi silenziosi di queste terre di montagna.

Borghi da visitare

L’immagine classica della Lunigiana, un po’ da cartolina, è quella del borgo arroccato ai piedi di un castello che domina il passaggio lungo la valle. Una volta a Zeri vale dunque la pena perdere almeno una giornata gironzolando tra i paesi di questa terra di valico e di confine. Tra i borghi più interessanti merita certamente una visita Fivizzano, ribattezzata l’Atene della Lunigiana, in virtù di una storia di antica tradizione umanistica. In questo villaggio che un tempo era una stazione di sosta lungo la Via Nuova Clodia, e dove sono ancora visibili le mura volute da Cosimo de’ Medici, Jacopo da Fivizzano fra il 1470 e il 1474 impiantò per la prima volta i caratteri tipografici per stampare testi di Giovenale, Virgilio, Cicerone, anticipando città come Vienna o Oxford. E sempre a Fivizzano ai primi dell’Ottocento Agostino Fantoni inventò la prima macchina da scrivere. Il Museo della Stampa, collocato all’interno del Palazzo Fantoni Bononi, rende omaggio al legame tra la Lunigiana e la stampa.

La città del libro

A proposito di libri. In Lunigiana c’e’ una piccola frazione di nome Montereggio (Comune di Mulazzo) che oggi è conosciuta come la città del librounica città italiana inclusa nella lista mondiale delle book Town – e che ha una meravigliosa storia da raccontare. Nel 1815 i suoi abitanti, colpiti da una grave crisi agricola, per sopravvivere si trasformarono in librai ambulanti. Erano analfabeti, riconoscevano i libri dai colori e dalle immagini, ma questo non gli impedì di partire con le gerle cariche di libri alla volta delle città del centro e nord Italia. Questo commercio all’inizio poco più che di sopravvivenza s’intensificò durante il Risorgimento, quando alcuni di loro divennero quasi dei contrabbandieri, portando dalla Francia i libri carbonari proibiti dalla censura austriaca. Poi, con il passare del tempo, siamo ai primi del Novecento, alcuni ambulanti cominciarono a stabilirsi nella città, prima organizzando la vendite tramite bancarelle (da qui il famoso premio Bancarella, assegnato dai librai) e poi fondando vere e proprie librerie. Oggi il borgo, le cui vie sono intitolate ai grandi editori italiani, è abitato da una ventina di persone – torna ad animarsi ad agosto, quando va in scena la Festa del Libro (what else?) – ma in giro per il nord Italia ci sono ancora librerie che portano i nomi di quelle famiglie.

Uno sguardo verso il mare

Per chiudere simbolicamente il cerchio e terminare questo long tour editorial-letterario non resta che spingersi verso il mare, in direzione del golfo dei poeti, dove nella seconda metà dei Cinquanta prese forma il più straordinario buen retiro italiano del Novecento. A Lerici, nella parte vecchia del paese, aveva casa Valentino Bompiani, una villa che si allargava con numerose appendici dove si era sistemata un’intera comunità che comprendeva, fra gli altri, molti dei suoi scrittori, da Moravia a Eco. Da li al piccolo borgo di Tellaro, dove affacciata sul mare c’è la dimora di Mario Soldati, sono poco meno di quattro chilometri. Lo scrittore piemontese ci arrivò seguendo le orme di una fantomatica cassapanca da viaggio di Lawrence che doveva contenere chissà quali manoscritti inediti. Non riuscì naturalmente mai a trovarla ma Soldati si innamorò di questo luogo che allora si raggiungeva solo via mare e non se ne andò più via.

L’ultima tappa del trittico conduce a Bocca di Magra, un piccolo villaggio affacciato sul fiume che negli anni Sessanta si trasformò nel rifugio prediletto degli intellettuali nostrani. Una sorta di feudo einaudiano, dove poteva capitare di incontrare Vittorio Sereni scrivere poesie sotto un pino, Vittorini mangiare alla celebre locanda Sans Façon e Mary McCarty assorta sulla riva del fiume mentre scriveva lettere alla sua amica Hannah Arendt. Il gruppo di amici-scrittori tentò anche di far approvare un piano regolatore, elaborato dall’architetto Giancarlo De Carlo (padre dello scrittore Andrea) per frenare i primi tentativi di speculazione, ma invano. Feroce scattò la perfida ironia di Luciano Bianciardi in forma di filastrocca. Cominciava cosi: “Orsù amici! In folta schiera difendiamo la scogliera”.

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